Volete sapere come spendono i vostri soldi? Ora sono obbligati a dirvelo.

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Riporto pari pari l’e-mail che ho ricevuto da Agorà Digitale.

Cari amici,
Dal 1° gennaio tutte le amministrazioni pubbliche inclusi comuni, scuole, ospedali e università sono obbligati a pubblicare sul loro sito web tutte le spese che effettuano! Ma moltissime amministrazioni non sono in regola e sperano solo che i cittadini non se ne accorgano.

Solo se centinaia di noi parteciperanno al primo monitoraggio dal basso della trasparenza della spesa pubblica, possiamo impedire che la spesa pubblica sia gonfiata da corruzione e sprechi, mettendo in crisi l’intero paese.

Clicca qui sotto per controllare se il tuo sindaco, la scuola dove vanno i tuoi figli, l’ospedale dove ti curi o l’ente pubblico a te più vicino ti dicono come spendono i tuoi soldi. Abbiamo tempo fino a domenica per realizzare un imponente primo report fatto direttamente dai cittadini della trasparenza in Italia, clicca qui:

http://www.eradellatrasparenza.it Continua a leggere

Social Media management? Una stronzata.

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Ho smesso di scrivere gratis da diverso tempo, e non ho più ceduto all’inganno della prestazione gratuita in cambio di visibilità, salvo rarissimi casi in cui mi si è offerta l’opportunità di divertirmi. Da anni lavoro (perché scrivere, a dispetto di quanto molti credono, è un lavoro) solo dietro compenso: gratis lo faccio esclusivamente per me stessa, nei libri, sul blog, per la lista della spesa.
Ho smesso di accettare che i lavori creativi in Italia fossero giudicati a valore economico zero.
Ora mi trovo ad affrontare un altro scoglio: il mondo digitale.
Da quando sono freelance e mi occupo di social media management, ho collezionato una serie di perle e di esperienze che – da quanto leggo e sento – sono condivise da parecchi colleghi.
Cito a caso alcune delle frasi emblematiche che mi sono sentita dire, consapevole che sono purtroppo ben lontana dall’essere l’unica: “Non si possono chiedere quei soldi per il social media management. Sono capace anch’io di pubblicare una foto e una frasetta al giorno, ci vogliono cinque minuti e nessuna competenza. Per quei soldi c’è gente che lavora davvero e si spacca la schiena
A parte il fatto che chi te lo dice normalmente non ha la più pallida idea di cosa significhi spaccarsi la schiena (ma muore dalla voglia di insegnartelo) e non sa nemmeno la differenza che c’è tra un wall e una timeline. Continua a leggere

Innamorarsi di niente

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Non sono una fanatica degli States. Credo che sotto molti punti di vista abbiano dei problemi molto più grossi dei nostri (finanza, multinazionali, clima, alimentazione, sanità, armi, ‘esportazione della democrazia’, lobby, e via andare).
Così come non sono una fanatica di Obama, soprattutto per la sua – deludente – politica estera.
Ma quando sento discorsi così, mi si riempie il cuore.
Perché noi italiani siamo talmente immerdati in faccende di corruzione, politici delinquenti, assenza di credibilità, sfacelo economico, distruzione culturale, malafede pubblica ed evasione privata, che lo smarrimento di ogni tipo di coerenza, dignità e vergogna ci ha fatto perdere di vista le cose in cui crediamo.
La contingenza del nostro schifo ci obbliga a dimenticare gli ideali, perché gli ideali a volte rischiano di essere un lusso riservato a quei popoli che se li possono permettere.
Obama ha parlato di ambiente, risorse, uguaglianza sociale, accesso alle opportunità, impegno, formazione e lavoro. Ha parlato delle fasce deboli, di diritti, di donne, di omosessuali dicendo: “Noi, la gente”.
Perché quando ti manca il respiro è così facile innamorarsi di un una boccata d’aria.
E così rischioso, innamorarsi di niente.

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Il mio nome sulla carta

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Il mio nome sulla carta mi fa sempre un certo effetto. Sarà che sono nata 2.0, ma la carta mi dà sempre un’emozione particolare. Ieri mi è arrivata la copia della prima edizione di “Conversation”, edito da Prelios, dedicato alla Liveability. Per Prelios ho intervistato Ilaria Borletti Buitoni, la presidentessa del FAI, e Franco Arminio, poeta squisito e paesologo.
Come al solito grazie a chi crede in me. Grazie alle opportunità e benvenute soddisfazioni!

La febbre del sabato sera (e i disturbi alimentari)

InstallazioneUn tavolo bianco, apparecchiato per quattro. Nei piatti, uno specchio. Lo specchio riflette l’immagine di chi si siede per mangiare.
Chiunque sia passato davanti al Teatro Nazionale di Milano nell’ultimo mese avrà senz’altro visto questa installazione sui disturbi alimentari: che non abitano nel cibo, ma dentro noi stessi.

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Proprio al Teatro Nazionale, giovedì 17 gennaio 2013, il musical in scena “La febbre del sabato sera”devolverà parte degli incassi ad ABA, l’associazione impegnata nella prevenzione, nell’informazione e nella cura dei disturbi alimentari. Anoressia e bulimia fanno parte dei tanti problemi su cui non si può far cadere l’indifferenza, perché hanno una valenza sociale e culturale che coinvolge la concezione di bellezza che ognuno di noi si porta dentro, incatenata o con le ali.
Qui a seguire trovate il comunicato stampa dell’evento e, se siete a Milano, siate al Nazionale giovedì sera.

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Lo Hobbit e la vita di merda

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La settimana scorsa sono andata al cinema a vedere Lo Hobbit. Avevo letto il libro di Tolkien in terza media, conosco gli Hobbit da tempo: sono creature strepitose, infinitamente migliori degli umani.
Amano un po’ troppo la vita tranquilla, ordinaria, senza forzature: ecco, se proprio dovessi trovar loro un difetto, sarebbe proprio questo eccesso. Il considerare il rischio come la peggior sventura, e le avventure come il disonore più assoluto, non è esattamente una dote.
Certo, noi uomini non siamo molto da meno: dopo la soddisfazione dei bisogni primari (mangiare, dormire, espletare le funzioni corporee), costruirsi una sicurezza economica e affettiva è uno degli istinti conservativi più forti. “Stabilità” è dalla maggior parte di noi considerato sinonimo di “felicità”, e in termini riproduttivi e evolutivi ha forse un senso. Ma non sempre: i coraggiosi e gli esploratori hanno spesso salvato il culo a un sacco di gente, anche se quasi mai a se stessi.
In nome della stabilità e della sicurezza, molti di noi vivono con persone che non amano, fanno lavori che odiano, abitano in luoghi che disprezzamo: spesso per tutta la vita.
Bilbo Baggins, forse per quel sangue Took che gli scorre nelle vene, ha abbandonato la sua casa sotto la collina ed è partito con i nani: puzzolenti e rozzi guerrieri senza patria. Nessuno gli ha assicurato che sarebbe mai riuscito a tornare.
Gandalf il Grigio, all’inizio del suo viaggio, gli dice: “Casa è ormai dietro di te, il mondo ti è davanti.
Spesso la vita e la magia ci aspettano proprio fuori dalla nostra comfort zone, per quanto difficile, assurdo e spaventoso ci possa sembrare.
Quello che auguro a tutti noi, per questo 2013 appena iniziato, è di avere un po’ di quel sangue Took nelle vene, e di trovare la forza di dargli un po’ di credito.
La paura è un elemento salvifico o castrante, a seconda del momento e della dose.
Ma fare una vita di merda non è la risposta.

 

La dura vita degli Storyteller

Nel post precedente vi ho detto della mia nuova avventura professionale: cantastorie, content curator, social media manager.
Ci vuole un sacco di fantasia per fare questo lavoro, oltre a tutto il resto che serve per fare qualsiasi altro lavoro: esperienza, preparazione, impegno, abnegazione, talento (if any).
Per allenare la fantasia io e il mio socio le escogitiamo tutte.
Inventarci degli alter ego è uno dei metodi che preferiamo.
Brunello e la Pùsi (con la “u” pronunciata alla francese), ad esempio, sono due lemuri.
Brunello Bava era un sicario, ma quando ha incontrato la Pùsi ha cambiato vita e ha iniziato a fare il cantautore neomelodico per guadagnarsi da vivere onestamente: si è fatto anche crescere i riccioli biondi, perchè voleva essere il suo angelo.
La sera in cui stavamo creando questi personaggi, Damiano mi ha chiesto: “Dimmi il primo nome che ti viene in mente per il tuo lemure”. Ho risposto: “Pusillanime”.
Pusillanime Pracotti è una svalvolata iperconnessa che è stata ripudiata dalla famiglia, e da allora si fa chiamare Pùsi Jungle.
Nel loro gruppo di eversivi e fuggiaschi li potrete individuare facilmente.

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Ma Brunello e la Pùsi sono solo due dei nostri alter ego. Io ad esempio sono anche la Regina di cuori, o la Signora dei Lamantini (quando vado a letto).
Ma queste sono altre storie. Che magari possiamo sembrare un po’ matti ma stiamo solo facendo ginnastica con la testa e col cuore.

Ho smesso di inviare curriculum

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Ho lo stesso stipendio da 13 anni.
13 anni fa ero una signora. Oggi faccio la spesa al discount e non riesco più a viaggiare, faccio fatica a pagare le bollette e mantenermi la macchina è un peso.
Nell’azienda per la quale lavoro sono una dei cinque sopravvissuti a due ondate di cassa integrazione, ma ormai tutti sappiamo di avere i giorni contati, a meno che qualche misericordioso e improbabile investitore estero non arrivi a salvarci il culo.
Un mese fa ho anche smesso di inviare curriculum, e di candidarmi inutilmente a posizioni professionali per le quali sono o troppo qualificata, o troppo retribuita, o troppo a tempo indeterminato.
Di fronte ad un potere d’acquisto quasi inesistente dei nostri stipendi, le retribuzioni diminuiscono: una vergogna immonda.
E allora ho smesso questa attività estenuante di ricerca di un lavoro d’ufficio. Non che io sia choosy eh: mi sono candidata pure per la stalla, offrendomi come inseminatrice di vacche in un’azienda di Cavatigozzi.
Sono stanca di buttare il mio tempo setacciando Monster o Infojob, e perseguitando gli uffici di selezione alla ricerca di un posto decente e, a conti fatti, inesistente.
Ho deciso di buttarmi in una nuova avventura, sfruttando tutta la mia esperienza nel blogging, nel marketing, e nel social media management: si chiama Brand-it-up. Continua a leggere