É tempo di capelli bianchi

É tempo di capelli bianchi

Quest’anno compio 50 anni ed é da quando ne avevo forse 45 che non ne posso piú di tingermi i capelli ogni tre settimane. Quando espressi per la prima volta l’intenzione di smettere di farmi la tinta, tutti mi dissero che ero pazza e cercarono di dissuadermi: apparentemente ero troppo giovane per “cedere” ai capelli bianchi (in quanto donna, ovviamente, perché dagli uomini non ci si aspetta mai nessun tipo di resistenza al brizzolato).

Non avevo intorno letteralmente nessuno che appoggiasse questa intenzione, né nella mia cerchia di affetti né in quella lavorativa. Accantonai cosí l’idea per un periodo, superai persino la pandemia mantenendo la mia bella chioma folta, bruna e socialmente accettabile.

Ci fu una lunga pace nel regno ma, dopo quattro o cinque lavaggi dall’ultima tinta, i bianchi ogni volta rispuntavano: questo significava che, nonostante tutta la cura, i soldi e il tempo che ci mettevo, una ventina di volte l’anno dovevo sentirmi sciatta. Odiavo la ricrescita e inizió a sembrarmi un’inutile lotta contro il tempo, una guerra che non si vinceva. Perché dunque le lasciavo tenermi in trincea?

Qualche mese fa poi iniziai a perdere piú capelli del solito e, quelli che restavano, erano sfibrati, si spezzavano con una facilitá preoccupante: avevo intere aree della testa con capelli di diverse lunghezze. Sará stato il calo ormonale dovuto all’etá, una piastra nuova con cui non avevo dosato bene il calore: di fatto per me é stata la classica goccia che ha fatto traboccare il classico vaso.

LA TRAGEDIA DELL’ESSERE CASTANA

Per le bionde é molto piú semplice: i capelli bianchi spesso si inseriscono con grazia e in modo non troppo traumatico tra gli altri e piano piano prendono il sopravvento. Per le brune invece – soprattutto per quelle con una storia decennale di tinte scure come la sottoscritta – non c’é niente di facile: o si fa il passaggio naturale e semplicemente si smette di tingersi (con tutte le difficoltá del lungo periodo di transizione) o si va di candeggina.

La frustrazione di tutti gli anni precedenti mi ha fatto propendere per quest’ultima opzione: costosa (perché prevede il balayage), stressante per i capelli (la candeggina non é famosa per la gentilezza), sconvolgemente per il risultato.

IL RISULTATO

Sono sempre stata male con i capelli chiari, e non ci sono capelli piú chiari di quelli bianchi.  Io peró mi sono trovata tutto d’un colpo con dei ciuffi biondastri: per averli bianchi partendo da un castano scuro ci sarebbe voluto un altro round di candeggina, ma non ho voluto rischiare. Cosí la mia transizione al grigio passa per un biondo paglia che mi sta malissimo e tanta pazienza.

LA TRANSIZIONE

Quando mi sono alzata dal lavatesta e ho visto il mio nuovo colore, mi é venuta la nausea. L’impatto di un intervento tutt’altro che graduale puó essere difficile da digerire, specialmente per chi é stato scuro sempre. Una palette tutta da reinventare, vestiti da riabbinare, orecchini e foulard da studiare.

Mentre la parrucchiera faceva duemila foto alla mia testa per quanto era contenta del risultato, io volevo solo correre a casa e chiudermi in camera per i prossimi 10 anni. Non so nemmeno se se ne sia accorta.

Oggi, dopo qualche giorno, l’impatto con lo specchio si é ammorbidito ma la strada per accettare il nuovo look non sará breve.

Accanto ai motivi uguali per tutti (invecchiare piace a pochi), per le donne c’é un caricone di motivi culturali di matrice sessista che in molte abbiamo introiettato e che sono una galera.

IL MOMENTO GIUSTO

Molti dicono che questo salto le donne non lo debbano fare prima dei 60 anni, molti altri dicono che sia meglio aspettare i 70. Per alcune questo momento é mai: ho visto alcune foto dei pranzi di Natale con delle nonne con tre capelli in testa, ma bordeaux.

Parte del lavoro sta nel capire quanto il momento giusto sia determinato da noi stesse o lo sia invece dagli altri, che siano questi persone esterne in carne ed ossa o la loro voce che la fa da padrona dentro di noi.

Personalmente mi sono sentita piú tranquilla quando ho iniziato a lavorare in un’ ambiente’azienda interamente inglese: finché ero impiegata in societá a maggioranza italiana, le pressioni estetiche piú o meno esplicite rappresentavano un freno enorme.

Non che gli inglesi non pensino “strega”: le pressioni sulle donne sono abbastanza simili un po’ ovunque. Culturalmente peró i britannici sono piú attenti a non esplicitare eventuali pensieri discriminatori o sessisti: tanto basta per lasciarti un po’ in pace, che giá hai abbastanza da fare per mettere a tacere la Giudice Implacabile (e spesso maschilista) che c’é dentro di te.

COSE CHE NON NOTAVO PRIMA E CHE ORA NOTO

Tutte le donne in transizione verso il grigio, che ora guardo con solidarietá e stima. Tutte le coppie etero dove lui ha i capelli brizzolati e lei una tintona scura ad indurirle il viso.

LA COSA DIVERTENTE

Quando ho smesso di tingermi, un mesetto prima di andare dalla parrucchiera per il balayage, é stato tenerissimo scoprire come sono i miei capelli naturali. Sono bianca sulle tempie, grigio scuro in cima. Una lince delle nevi o, se vogliamo metterci meno romanticismo, una topastra a pelo lungo. Ognuno di noi ha in testa la sua trama.

MORALE DELLA FAVOLA

Quando cammino per le strade di Londra e mi giro per caso verso una vetrina, non mi riconosco. Dopo 50 anni bruna, quella luce in testa non mi appartiene, non sono io. Non sará un processo fulmineo, lo so. Magari decideró di tornare a tingermi, preferiró quella gabbia allo spiazzamento che ora mi dá lo specchio, chi lo sa. Scostarsi dai canoni estetici dominanti, soprattutto quando il cambiamento é repentino, non é mai facile. Non é facile quando si ha un corpo non conforme o un corpo che invecchia (cose su cui non si hanno grandi libertá di manovra), ma anche quando lo si fa per libera scelta, come in questo caso, non é sempre semplice come mangiarsi un Lindor. O meglio: non lo é per tutti. Conosco donne che l’hanno fatto senza troppi pensieri né implicazioni.

Quasi tutti amano essere o sentirsi belli. A volte proviamo ad esserlo a modo nostro, secondo il nostro stile di vita e le nostre prioritá, secondo ció che per noi conta.