Lo scorso 2 giugno è successa una cosa speciale.
Mentre l’Italia festeggiava la Repubblica con una parata militare idiota, a Milano si metteva sotto assedio una città intera e si spendevano milioni di euro per il papa-show, e io mi preparavo ad andare in Emilia a portare aiuti ai terremotati con altri venti scappati di casa, c’è stato qualcuno che ha deciso di venire al mondo e di ribaltarmi il cuore.
Io che non sapevo più farlo, mi sono trovata a piangere a dirotto per la gioia che mi esplodeva dentro quando l’ho sentito gracchiare dall’altra parte della porta che ci separava.
Onestamente non so se fosse più il sollievo di non sentire più mia sorella soffrire e urlare, o l’emozione di questo mucchietto perfetto di vita che diventava la mia unica discendenza: il problema è che da allora non ho più smesso.
Leopardo ha rotto un argine che non sapevo di avere, quello nei confronti della possibilità dell’amore inatteso: perché certo non ci si può immaginare di amare così tanto uno sconosciuto ancora prima di guardarlo negli occhi, e nemmeno di vedere crescere quell’amore in maniera esponenziale giorno dopo giorno, senza che lui di fatto faccia nulla se non scoreggiare, dormire e piangere.