Trovare l’anima gemella, true stories

DTM INC

DTM INC

Come ho scritto nel libro “Giulietta prega senza nome”, i disegni di Cupido a volte sono piuttosto discutibili.
La percentuale di persone che si accoppiano col vicino di casa o col compagno di banco fa riflettere sull’amore ma anche sul progetto logistico del dio dell’amore.
Oppure, se vogliamo, sulla pigrizia dell’essere umano che spesso va al risparmio energetico e si accasa dov’è facile, spesso con un tasso di infelicità altissimo: in molti si accontentano di rapporti stabili senza passione pur di non dover correre rischi (come quello della solitudine o delle vacanze d’agosto senza certezze).

John Holcroft

John Holcroft

Personalmente, dopo aver sognato e vissuto amorazzi lontani ed esotici, resi estremamente poetici da distanze, nostalgie e viaggi, mi sono innamorata di un compaesano: una disdetta letteraria ma rocambolesca per dinamiche e destino. Dopo tre mesi dal nostro primo incontro (di cui, per pudore, non vi racconto i dettagli) siamo andati a convivere, abbiamo iniziato a viaggiare per il mondo insieme e ora, tre anni dopo, stiamo per emigrare.
Tutto ciò che non avremmo mai immaginato e che ha richiesto ad entrambi tempo per vincere lo sbigottimento, pazienza per assorbire il cambio radicale di vita, coraggio per fare le scelte che abbiamo fatto.
Ieri, leggendo un articolo su come si sono incontrate alcune coppie di Travel Blogger, trovo una storia in particolare che cattura la mia attenzione, quella di Mike e Megan: lei australiana, lui americano, si incontrano in Africa (Tanzania) e hanno solo un giorno a disposizione per conoscersi e riconoscersi.
Bene, quel giorno ha cambiato la loro vita. Continua a leggere

Mi invidiavano la libertà (la felicità non è mai gratis)

Photo by Alexis Mire

Photo by Alexis Mire

Qualche giorno fa mi ha contattato un Tizio con il quale non parlavo credo da 25 anni.
Mi ha scritto un’e-mail che mi sarei aspettata solo da un caro amico in crisi di coscienza, dicendomi che si è scoperto amante del tradimento, della trasgressione, e di innumerevoli pertugi femminili.
Lui, padre e marito modello, che vent’anni fa rientrava nella nutrita schiera degli apostoli della retta via e si prendeva la briga di puntare il dito contro le ragazze che, come me, non avevano un anello al dito o un altare pronto ad attenderle: proprio lui, come tanti altri, oggi si ritrova fedifrago e fornicatore.
Ho risposto alla sua e-mail confortandolo sul fatto che è in buona compagnia, e che la vera trasgressione oggi è, casomai, la monogamia del cuore e delle mutande.
Vent’anni fa, questo Tizio (e molti come lui) si permetteva di definirmi “allegra”: era uno dei molti modi con cui la gente di paese cercava di inquadrare una ragazza che non sembrava esattamente carne da marito.
Come tutte le cose che non si vogliono o non si riescono a capire, il termine “allegra” era fuori luogo tanto quanto le altre varianti dei frustrati: puttana, isterica, indesiderabile, lesbica.
Ero semplicemente una ragazza single, come sono stata gran parte della mia vita.
Oggi sorrido, vedendo le doppie e triple vite di questi ex paladini della morigeratezza e dell’integrità morale: talvolta bravissimi, talvolta maldestri a gestirsi il fuoco negli slip. Continua a leggere

Questo 2012

Abbas KiarostamiAbbas Kiarostami

Abbas KiarostamiAbbas Kiarostami

Questo 2012 mi ha rivoluzionato la vita, con quelle cose che “io mai”.
Tipo due grandi amori, una convivenza (che per una LAT è una roba da budella fuori) e un nipote (che per una che non ha mai amato i bambini è stata un’esperienza da piangere per mesi).
Molto di quello che non avrei mai pensato, e invece.
Ho come l’impressione che non sia neanche finita qui.
Nelle cose fantasmagoriche ci metto dentro anche la Palestina, il viaggio tanto desiderato, il sogno di una vita che si avvera. E l’aver trovato una casa editrice meravigliosa come la mia, che mi ha portato a scoprire un mondo prezioso che di stanza sta in un’isola di donne e vento.
Non è stato tutto così bello, certo.
Un anno che mi è costato caro in termini di ridimensionamento di molti affetti, e di amputazione di certe radici dolorosa come raschiare via il DNA dal sangue con la carta vetra.
Un anno in cui in azienda ho superato indenne due ondate di cassa integrazione, che mi hanno donato la consapevolezza di un destino certo che mi cadrà tra capo e collo prima che l’inverno vada a finire.
Mi sono rimboccata le maniche, in questo 2012 di rivoluzioni epocali: non che in genere io ami rimanere in panciolle, ma ora che la situazione lavorativa è così critica e quella economica così grave, ho cercato di costruirmi un futuro alternativo di cui racconterò presto. Che ha sempre a che fare con la scrittura, le parole e le storie: perché dalla propria natura non ci si può allontanare troppo, e in certi momenti della vita diventa doveroso provare a guadagnarsi da vivere con i propri talenti e avvicinarsi alle proprie passioni. Soprattutto quando la vita ti lascia poca scelta e alcuna alternativa sensata.
Al 2013 non chiedo che questo: buona salute, e buoni frutti per il futuro che sto provando a reinventarmi in questo paese senza speranze. E tanti auguri anche a voi.

 

529124_400216126703940_947475193_n

Maledetto imprinting

Ho sempre pensato che il mio brutto carattere fosse qualcosa di innato, e che il mio fastidio per la condivisione degli spazi fosse solo uno degli aspetti ostici della mia indole da zitella.
Che brutta parola, zitella. Soprattutto quando te la senti talmente tanto nelle orecchie che ti entra dentro: un errore che noi donne facciamo spessissimo e senza nemmeno rendercene conto, quello di inglobare e fare nostri giudizi e pregiudizi che non ci appartengono.


Ho sempre pensato che la mia resistenza all’invasione (spaziale e temporale), la territorialità felina, l’intolleranza alla vicinanza corporea, la resistenza alla condivisione e l’accoglienza stitica facessero semplicemente parte del mio essere una stronza.
E invece no. Non è che io sono nata così.
L’ho imparato.


Continua a leggere

Alla voce “Anima Gemella”

Nella mia Giulietta parlo molto d’amore, ed esprimo la convinzione che siano veramente poche le persone che incontrano l’anima gemella.  Tutte le altre relazioni sono nella migliore delle ipotesi amori tra anime compagne ma, nella maggioranza dei casi, forte comunione d’intenti, incontri fortuiti trascinati per pigrizia, situazioni di comodo o masochismo ostinato.
Ho chiesto su Facebook:

Quanti di voi pensano di avere incontrato l’anima gemella? E, tra questi, quanti condividono felicemente una storia d’amore con lei?

È un argomento su cui sono piuttosto critica, per tutte le bugie lunghe una vita di cui mi trovo circondata, per tutte le relazioni mediocri che producono un livello di bruttezza sociale soffocante, e per tutta l’ipocrisia petulante che colpisce chi fa scelte e percorre strade diverse. Continua a leggere

Esserci o non esserci?

Alla fine, riducendo tutto all’osso delle cose che contano, come si conviene nei momenti in cui cadono pailettes, piume e lustrini, quello che fa la differenza vera nei rapporti è l’esserci o il non esserci.
La mia pigrizia innata, il mio rifiuto degli sforzi inutili, mi hanno sempre permesso di considerare trascurabili le piccole mancanze, gli spigoli caratteriali, le abitudini differenti, le opposte visioni.
Ma mi sono sempre concessa il lusso di non perdonare l’assenza.
Non è una posa, un paletto filosofico o una questione di principio: il mio cuore depenna, le mie palle precipitano.
Difficilmente chiedo aiuto e amo cavarmela da sola, ma ho una memoria da testuggine per le mani tese, le presenze inaspettate, il piccolo sollievo, l’attenzione lieve.
Nella vita bisogna sempre cercare di avere una buona risposta alla domanda: “E tu dove cazzo eri?”.
Anche quando la domanda non vi verrà mai posta. Perché l’importante non è dove eravate, l’importante è che non c’eravate. Con qualsiasi strumento fosse nelle vostre mani: una frase, un messaggio, una premura.
Come dicevo ieri, quello che c’è si vede, e si vede benissimo anche quello che non c’è.
E nella definizione della qualità dei vostri rapporti interpersonali, esserci o non esserci sarà spesso la discriminante tra la mediocrità o la polvere di stelle.

Photo Jean-Baptiste Mondino

Inattesi incidenti d’amore

Lo scorso 2 giugno è successa una cosa speciale.
Mentre l’Italia festeggiava la Repubblica con una parata militare idiota, a Milano si metteva sotto assedio una città intera e si spendevano milioni di euro per il papa-show, e io mi preparavo ad andare in Emilia a portare aiuti ai terremotati con altri venti scappati di casa, c’è stato qualcuno che ha deciso di venire al mondo e di ribaltarmi il cuore.
Io che non sapevo più farlo, mi sono trovata a piangere a dirotto per la gioia che mi esplodeva dentro quando l’ho sentito gracchiare dall’altra parte della porta che ci separava.


Onestamente non so se fosse più il sollievo di non sentire più mia sorella soffrire e urlare, o l’emozione di questo mucchietto perfetto di vita che diventava la mia unica discendenza: il problema è che da allora non ho più smesso.
Leopardo ha rotto un argine che non sapevo di avere, quello nei confronti della possibilità dell’amore inatteso: perché certo non ci si può immaginare di amare così tanto uno sconosciuto ancora prima di guardarlo negli occhi, e nemmeno di vedere crescere quell’amore in maniera esponenziale giorno dopo giorno, senza che lui di fatto faccia nulla se non scoreggiare, dormire e piangere.

Continua a leggere

Mutande blu, reggiseno bianco.

E’ proprio così che sono agghindata oggi, sotto i vestiti.
Ieri sera si è parlato anche di questo al Soggiorno Letterario al quale sono stata invitata: un evento privato che mi era stato passato come un appuntamento “tra pochi intimi” e dove invece eravamo più numerosi che a molte presentazioni in Mondadori. Seduti sui tappeti e accatastati sui divani, giornalisti, lettori forti e professionisti dell’editoria hanno discusso d’amore per tre ore.
O meglio: delle difficoltà d’incontro che spesso affligge le nostre relazioni.
Da una parte, spaparanzato in poltrona, Federico Cavina presentava il suo “Solo Colpa d’Alfredo” e dall’altra, appollaiata sul bracciolo, Valentina Camerini ci raccontava il suo “Manuale (d’amore) per la ragazza post-moderna”: un bell’incontro tra maschile e femminile, anche tra il pubblico presente che interagiva liberamente con gli autori, creando un dibattito continuo.
Io ascoltavo, e lasciavo sedimentare quello che sentivo sugli strati di letture di genere che mi sono pippata negli ultimi 10 mesi.
Tra l’autismo comunicativo e sentimentale maschile che emergeva da un lato e l’ossessione femminile del “cosa stai pensando” dall’altro, si è parlato anche di lingerie: la maggior parte delle donne rivendicava la necessità dell’intimo coordinato, una sorta di MUST.

Continua a leggere

L’uomo koala e l’uomo gatto.

Chiacchierando con una collega, in un pomeriggio di febbraio, salta fuori che nella vita non si può avere tutto: un uomo te lo trovi o koala o gatto, ma più di tanto non se ne cava. Pare che noi donne abbiamo giusto questi due modelli base tra cui scegliere, salvo botte di culo rare e rischiosissime che instillando malsane speranze cinematografiche nel cuore delle deluse. Continua a leggere

Amori e Fanculismi: nuove tragedie da due soldi.

Le tragedie d’amore non hanno più pizzi e merletti, tramonti e treni in partenza, lettere strazianti e profumi esotici. Niente più foglie cadenti, tempeste di mare e notti insonni.
Oggi le tragedie d’amore hanno i capelli in ordine, la lingua corrotta dall’Havana e il profumo dei torchietti con crema di carciofi e tartufo nero.
La incontri, la tragedia d’amore, in un elegante ristorante di Milano, nelle telefonate concitate di un improbabile e distinto sessant’enne che mangia solo, fino a quanto viene raggiunto da un’affranta partner di pari età che esordisce tirandogli la lista dei vini sulla testa, e poi gli si siede accanto come se niente fosse, ordinando pappardelle al ragù di cervo e funghi porcini.


La tragedia d’amore non ascolta le motivazioni di lei, le scuse, le preghiere, le provocazioni della mantenuta probabilmente colpevole (“dovevo andare in ospedale, stava morendo”), ma si limita a ripetere incessante per più di ottanta minuti: “Tu devi fare solo una cosa: andartene affanculo”. Continua a leggere