Come ho scritto nel libro “Giulietta prega senza nome”, i disegni di Cupido a volte sono piuttosto discutibili.
La percentuale di persone che si accoppiano col vicino di casa o col compagno di banco fa riflettere sull’amore ma anche sul progetto logistico del dio dell’amore.
Oppure, se vogliamo, sulla pigrizia dell’essere umano che spesso va al risparmio energetico e si accasa dov’è facile, spesso con un tasso di infelicità altissimo: in molti si accontentano di rapporti stabili senza passione pur di non dover correre rischi (come quello della solitudine o delle vacanze d’agosto senza certezze).
Personalmente, dopo aver sognato e vissuto amorazzi lontani ed esotici, resi estremamente poetici da distanze, nostalgie e viaggi, mi sono innamorata di un compaesano: una disdetta letteraria ma rocambolesca per dinamiche e destino. Dopo tre mesi dal nostro primo incontro (di cui, per pudore, non vi racconto i dettagli) siamo andati a convivere, abbiamo iniziato a viaggiare per il mondo insieme e ora, tre anni dopo, stiamo per emigrare.
Tutto ciò che non avremmo mai immaginato e che ha richiesto ad entrambi tempo per vincere lo sbigottimento, pazienza per assorbire il cambio radicale di vita, coraggio per fare le scelte che abbiamo fatto.
Ieri, leggendo un articolo su come si sono incontrate alcune coppie di Travel Blogger, trovo una storia in particolare che cattura la mia attenzione, quella di Mike e Megan: lei australiana, lui americano, si incontrano in Africa (Tanzania) e hanno solo un giorno a disposizione per conoscersi e riconoscersi.
Bene, quel giorno ha cambiato la loro vita. Continua a leggere