Quando i sogni infranti hanno a che fare con la mensa aziendale.

Scrivo nel primo giorno della vita in cui mi sono trovata a mangiare in una mensa aziendale, e la sensazione è quella di aver toccato il gradino più basso della vita impiegatizia.
Cosa c’è di più fantozziano di una porzione sotto cellophane di carote lessate, servite in una brodaglia non identificata?
Domani mi porterò del cibo cucinato a casa, per opporre strenua resistenza all’alienazione da cartellino, telefono analogico e sigarette fumate di nascosto nel retro di un’uscita di sicurezza laterale.
Esiste un momento della vita in cui, da aquile, ci trasformiamo in porcospini?


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