Lavorare in ufficio fa male

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Da 7 mesi non lavoro più in un ufficio né per un capo, ma da casa e per i miei clienti, o per me stessa.
Sto lavorando molto, molto più di quanto avessi previsto inizialmente, più che altro per dare maggiore solidità all’attività di freelance: credibilità, portfolio, contatti, formazione, sono elementi che richiedono un investimento di tempo ed energie notevole, soprattutto in un sistema economico in grave crisi come quello italiano. Nell’ottica poi di preparare Brand-it-up e Brand-it-up Travel sia alla possibilità di restare qui che a quella di espatriare, la tipologia di variabili in campo si amplia moltissimo.
Lavorare molto, ma lavorare da casa, ha però degli enormi vantaggi: primo fra tutti, l’assoluta libertà di gestione del tempo.
Gli appuntamenti possono essere fissati a piacimento, le incombenze risolte senza l’incubo di orari e chiusure, il lavoro svolto anche di sera, se di mattina si è stati fuori per commissioni o impegni.
La cosa migliore, tuttavia, credo che sia la quasi perenne assenza della sveglia. Il corpo, alla mattina, si sveglia quando meglio crede. Alcune volte alle 6.30, altre alle 9. Continua a leggere

L’opinione dei blogger? Sempre più importante

Venerdì 27 Aprile al Festival del Giornalismo di Perugia c’è stato il workshop “Costruire un pubblico e creare una community usando i social media”, a cura di Claire Wardle di Storyful.
Tra le molte riflessioni sul come “succhiare” informazioni dalla rete e poi “risoffiarle” nella rete per diffondere i contenuti che abbiamo trovato e che vogliamo evidenziare, e accanto ad alcune indicazioni su come creare coinvolgimento tra gli utenti con gli ultimissimi strumenti a disposizione, Claire Wardle ci ha fornito anche alcuni dati che arrivano dalla sua esperienza con Storyful.

Molto interessante l’analisi sulla fiducia di cui godono i blogger: quanto a consigli e opinioni, pare siano più accreditati delle celebrities.
Un elemento di riflessione notevole, sia dal punto di vista del marketing, sia per quanto riguarda la famosa “reputazione” in rete: sono tutti all’altezza di questa posizione? Saranno tutti in grado di meritare questa fiducia anche in futuro? Questa è veramente la sfida cruciale della credibilità.

Perchè Maggie fa rivoluzione

Ritorno da un viaggio meraviglioso per conto di Maggie in Israele e Palestina, e mi scopro ancora più soddisfatta di lavorare per questo brand che sta veramente rivoluzionando l’impostazione della comunicazione di settore.


Tutto è partito dalla foto di lancio della campagna: quattro donne fotografate di spalle, con una banda rossa a coprirne le terga citando il pay-off della campagna “Women will save the world”.
Come a dire: per salvare il mondo non serve mostrare le chiappe, né tantomeno per essere donna, meno ancora per essere moda (Revolution n. 1).
Poi c’è stato il contest per trovare la blogger che avrebbe scritto delle donne che salvano il mondo: una blogger pagata (PA-GA-TA) per creare contenuti di qualità. (Revolution n. 2 and n.3).
E oggi abbiamo finalmente il vincitore del video-contest lanciato da Maggie: di nuovo, un lavoro creativo pagato (2.500 euro al vincitore), abitudine non certo diffusa in Italia. In più, i Chicken McFrame Production vincono con un video strepitoso, dove è una donna matura, una nonnina, a raccontarci della fantasia delle donne, dei sogni e dei colori che abitano dentro di noi.
In un mondo come il nostro, dominato dai media che hanno epurato le donne mature, messo al bando le loro rughe e i loro capelli bianchi cancellandole dall’immaginario della bellezza, una casa di moda affida il suo messaggio ad una nonna ancora piena di cose da dire (Revolution n. 4) e che ha ancora una faccia sua: nessun burqa di plastica.
Sono molto orgogliosa di lavorare per Maggie, davvero. Perchè le rivoluzioni (anche quelle culturali) si fanno coi fatti.

Blogger vs Giornalisti

Tutti i direttori editoriali per cui ho scritto mi hanno sempre accolto con un imperativo: “Non voglio l’approccio sartoriale che hanno molti giornalisti: niente taglia e cuci dei comunicati stampa”.
Perché pare che sia proprio questo che i direttori cercano dai blogger: l’approccio esperienziale, vero e concreto di ciò di cui stanno andando a scrivere. Succede nella cultura, succede nella moda. Succederà probabilmente anche in altri settori, ma per ora lo ignoro. Continua a leggere