Lavorare in ufficio fa male

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Da 7 mesi non lavoro più in un ufficio né per un capo, ma da casa e per i miei clienti, o per me stessa.
Sto lavorando molto, molto più di quanto avessi previsto inizialmente, più che altro per dare maggiore solidità all’attività di freelance: credibilità, portfolio, contatti, formazione, sono elementi che richiedono un investimento di tempo ed energie notevole, soprattutto in un sistema economico in grave crisi come quello italiano. Nell’ottica poi di preparare Brand-it-up e Brand-it-up Travel sia alla possibilità di restare qui che a quella di espatriare, la tipologia di variabili in campo si amplia moltissimo.
Lavorare molto, ma lavorare da casa, ha però degli enormi vantaggi: primo fra tutti, l’assoluta libertà di gestione del tempo.
Gli appuntamenti possono essere fissati a piacimento, le incombenze risolte senza l’incubo di orari e chiusure, il lavoro svolto anche di sera, se di mattina si è stati fuori per commissioni o impegni.
La cosa migliore, tuttavia, credo che sia la quasi perenne assenza della sveglia. Il corpo, alla mattina, si sveglia quando meglio crede. Alcune volte alle 6.30, altre alle 9. Continua a leggere

Gli italiani impreparati a migrare, con le ultime 50 euro in tasca

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Sono circondata da persone che se ne vanno, o da amici e famigliari di persone che se ne vanno.
Dall’Italia, dal Paese moribondo.
L’altro giorno un amico mi ha detto: “Ho in tasca l’ultimo 50 euro”.
L’emigrazione non è un vezzo né un capriccio, e ora diventa sempre più una necessità: per l’assenza di lavoro, per il divario tra costo della vita e retribuzioni, per la morte delle possibilità e delle speranze (politiche, sociali, economiche).
Il benessere ci aveva addormentato e ora il risveglio è tragico.
Sono appena stata in Marocco per Brand-it-up Travel, e lì i bambini a scuola hanno tre lingue obbligatorie: arabo, francese, inglese. Poi, se vogliono, si prendono lezioni private di italiano e spagnolo, e lo fanno: sanno di essere un popolo che può vivere soprattutto di turismo e che spesso è costretto ad emigrare.
Noi no, noi proprio non ci immaginavamo, e siamo stati presuntuosi sia nel trascurare il turismo sia nel trascurare le lingue straniere, senza contare le cose in cui ci siamo dimostrati tremendamente stupidi, di quella stupidità che dura quarant’anni o cinquanta e che quindi non ha motivo di essere perdonata. Continua a leggere

Cassintegrazione felice: la mia storia da L’Isola dei Cassintegrati a Cosmopolitan

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Dopo essere stata raccontata sul blog dell’Isola dei Cassintegrati, ospitato da L’Espresso, la storia della mia cassintegrazione felice è finita anche su Cosmopolitan di Ottobre.
Ringrazio Michele Azzu, Marco Nurra, Annalisa Piersigilli e tutti coloro che hanno reso possibile la diffusione di un punto di vista diverso rispetto alla pura disperazione: spero che la forza, l’impegno e la speranza riescano in qualche modo ad averla vinta sul dramma che sempre più persone stanno vivendo e che è ormai un dramma sociale di portata devastante.
Cerchiamo di trovare vie d’uscita, non rassegnamoci alla sconfitta, apriamo le nostre vite ad esperienze e a cambiamenti che magari ci sembrano improponibili, ma magari potrebbero anche salvarci la pelle. Continua a leggere

Workshop: raccontare la vita e la morte

Workshop: raccontare la vita e la morte

Il 14 e il 15 settembre a Lodi ci sarà il Festival Noir, di cui ho già scritto sul blog di Brand-it-up.
Personalmente, domenica 15 alle ore 9 terrò un workshop alla bellissima Biblioteca Laudense sulla narrazione legata alla vita e alla morte.
Il workshop è stato voluto dalle Onoranze Funebri Dubbini, una giovane impresa lodigiana che ha deciso di dare spazio al racconto delle memorie, perché il ricordo vive nell’insegnamento che le persone lasciano dietro di sé.
Durante l’ora a mia disposizione spiegherò come la narrazione biografica abbia importanza non solo per raccontare ciò che accade e a chi sui giornali, nei libri e sui blog, ma anche nella cronaca nera e in tutto ciò che riguarda la fine della vita. Continua a leggere

Cassa integrazione e felicità

elena torresani castelsardo

La vita talvolta ti porta a desiderare moltissimo qualcosa che avevi giudicato il peggio che ti potesse capitare. Ho sempre creduto che l’ammortizzatore sociale fosse l’anticamera del fallimento e della disperazione, un tracollo personale e sociale da scongiurare a qualsiasi prezzo.
Crescere negli anni ’80 ha significato per me scegliere di essere un perito aziendale rinunciando al liceo classico, sognare di diventare una manager anziché assecondare le mie passioni letterarie. L’imperativo era far più soldi possibili, diventare produttivi presto e mantenere il curriculum testosteronico.
Ho lavorato come un asino per tutta la vita, facendo spesso due lavori e non smettendo mai di studiare.
Ma magari poi arriva il momento in cui lo scollamento tra la vita orientata al pagamento del mutuo e ad un certo stile di vita si stacca con prepotenza dalla vita che hai sempre sognato. E questo momento magari arriva proprio quando la società che ti ha cresciuto tradisce se stessa e non è più nemmeno all’altezza di garantire i sogni dopati e fasulli che aveva indotto e preteso.
Le vacche magre rivelano tutta la menzogna di un sistema orientato all’arricchimento smodato di pochi attraverso il rincoglionimento di tutti, rivelano la mediocrità di una classe dirigente incompetente, incapace, vigliacca e senza etica nella migliore delle ipotesi.
Dopo una lunga attesa, tanti trapianti di fegato e mesi vissuti nell’incertezza è arrivata la cassa integrazione.
Nel mio caso “cassa integrazione” significa una situazione economica tragica anche a causa degli stipendi che il mio datore di lavoro si è preso il lusso di non pagare ai suoi dipendenti (potendolo fare ad oltranza per legge, tra l’altro).
Ma “cassa integrazione” oltre a “pane e cipolle” significa anche una libertà tanto attesa. Continua a leggere

Donne del lodigiano: una mostra dedicata a loro

Gustav Klimt

Gustav Klimt

Per 13 mesi della mia vita ho viaggiato per incontrare donne di ogni nazionalità che avessero una storia interessante da raccontare. Molte di loro le ho intervistate, alcune solo raccontate, ma ognuna era un esempio di vita, saggezza, lotta, talento o rinascita.
Per questo mi è subito piaciuta l’iniziativa “La donna e oltre”, organizzata da La Vie En Rose eventi: una mostra fotografica dedicata a donne note e meno note della provincia di Lodi che in qualche modo si sono distinte per il loro lavoro. Volti immortalati da Beppe Quintini in luoghi simbolo del lodigiano e accompagnati da stralci di storie che raccontano di loro.
Vite di provincia che spesso rimangono lontane dai riflettori, ma che per questo non sono certo meno importanti e potenti.
Dicono le organizzatrici: “L’obiettivo principale è quello di portare alla luce personalità femminili legate alla provincia di Lodi che si sono distinte e che con il loro impegno contribuiscono in modi e in ambiti differenti allo sviluppo del territorio. Questa mostra è stata ideata per celebrare la donna e l’ambiente in cui vive e opera.
Onorata di essere stata invitata a partecipare. Continua a leggere

Con la cultura si mangia e si esce dalla crisi

dalmatian

Oggi Liberos ha riportato un articolo di El Pais che racconta di come in Islanda la cultura sia stata utilizzata per salvare l’economia (tra le altre cose). L’Islanda è quel paese andato praticamente in bancarotta nel 2008, che ha lasciato fallire le banche senza pagarne i debiti ed è ripartito ponendo la cultura al centro del proprio programma di rinascita, anzichè le industrie di alluminio e di energia idroelettrica che stavano distruggendo il paese. Il punto di partenza sono stati i giovani, la musica, il cinema, le nuove tecnologie e il Ministero delle Idee (una roba che vien da commuoversi solo a pensarci). Si legge nell’articolo:

“La musica prima di tutto: l’80 per cento dei giovani (soprattutto residenti nei piccoli centri) suona uno strumento e impara il solfeggio. Questo si traduce in decine di gruppi con un pubblico internazionale. Se la maggior parte dei turisti è attratta dalle bellezze dell’isola, secondo un recente sondaggio il 70 per cento dei giovani si reca in Islanda per ascoltare la musica.”

Questo senza dimenticare teatri, scuole, letteratura (lo stato sostiene 60 scrittori).

Ora pensiamo a noi. L’Italia ha uno tra i più grandi patrimoni turistici, storici, artistici e culturali del mondo. DEL MONDO. Sì, MONDO.
Le statistiche ci dicono che siamo: Continua a leggere

Emigrare dove

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Tutti l’abbiamo sentito dire fino alla nausea dopo aver appreso i risultati delle ultime politiche: “Emigriamo!”
Del resto, uno stato che vota al 30% le stesse persone che lo hanno condotto nella merda in cui si trova dimostra uno spirito suicida difficile da accettare. Se questo rigurgito d’indignazione civile si associa poi ad una crisi economica che non promette di finire, un mercato del lavoro che ogni giorno genera disoccupazione e disperazione, un’eurozona che sceglie l’austerity a tutti i costi sacrificando i diritti dei deboli e lasciando intoccati i privilegi dei forti, la voglia di andarsene rischia di dilagare.
Sì, ma andarsene dove?

hit the road
Questa cartina (grazie a Davide Scalenghe che me l’ha inoltrata) mostra le zone del mondo in (grave) recessione e quelle in crescita economica: andarsene da un paese in profonda crisi verso un altro che è più o meno nella stessa situazione non ha molto senso. Certo, non tutti stanno politicamente a pezzi come noi, quindi – in caso di ripresa – hanno più speranze di farcela, e di farcela velocemente. Continua a leggere

Questo 2012

Abbas KiarostamiAbbas Kiarostami

Abbas KiarostamiAbbas Kiarostami

Questo 2012 mi ha rivoluzionato la vita, con quelle cose che “io mai”.
Tipo due grandi amori, una convivenza (che per una LAT è una roba da budella fuori) e un nipote (che per una che non ha mai amato i bambini è stata un’esperienza da piangere per mesi).
Molto di quello che non avrei mai pensato, e invece.
Ho come l’impressione che non sia neanche finita qui.
Nelle cose fantasmagoriche ci metto dentro anche la Palestina, il viaggio tanto desiderato, il sogno di una vita che si avvera. E l’aver trovato una casa editrice meravigliosa come la mia, che mi ha portato a scoprire un mondo prezioso che di stanza sta in un’isola di donne e vento.
Non è stato tutto così bello, certo.
Un anno che mi è costato caro in termini di ridimensionamento di molti affetti, e di amputazione di certe radici dolorosa come raschiare via il DNA dal sangue con la carta vetra.
Un anno in cui in azienda ho superato indenne due ondate di cassa integrazione, che mi hanno donato la consapevolezza di un destino certo che mi cadrà tra capo e collo prima che l’inverno vada a finire.
Mi sono rimboccata le maniche, in questo 2012 di rivoluzioni epocali: non che in genere io ami rimanere in panciolle, ma ora che la situazione lavorativa è così critica e quella economica così grave, ho cercato di costruirmi un futuro alternativo di cui racconterò presto. Che ha sempre a che fare con la scrittura, le parole e le storie: perché dalla propria natura non ci si può allontanare troppo, e in certi momenti della vita diventa doveroso provare a guadagnarsi da vivere con i propri talenti e avvicinarsi alle proprie passioni. Soprattutto quando la vita ti lascia poca scelta e alcuna alternativa sensata.
Al 2013 non chiedo che questo: buona salute, e buoni frutti per il futuro che sto provando a reinventarmi in questo paese senza speranze. E tanti auguri anche a voi.

 

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Generazioni fallite (passate e future)

Gregor Gaida, Lateral (2007)

Giusto ieri stavo sfogliando Arte di maggio e mi sono imbattuta in Lateral, la scultura di Gregor Gaida che rappresenta un uomo che scompare: un’opera dalla grande potenza narrativa.
Ci ho rivisto la mia generazione, quella dei ‘60/’70: una delle generazioni fallite che hanno contribuito a creare il mondo brutto nel quale ci troviamo a vivere.
Quella dei nostri genitori è stata la generazione dei muli: grandi lavoratori, buoni risparmiatori, sono stati gli ultimi a riuscire nell’eroica impresa dell’accantonamento del gruzzolo. Peccato si siano lasciati fare di tutto: cementificazioni, industrie, inquinamento, distruzione ambientale, sviluppo urbano irrazionale. Senza alcuna ambizione di potersi contrapporre alla piovra statale, hanno accettato le assunzioni di favore, le raccomandazioni, le politiche sindacali scellerate, la tutela dei fannulloni. Continua a leggere